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10 luglio 2010

La schiacciante verità dell'evidenza sperimentale

A volte vorremmo avere una bussola in grado di dirci quale sia la risposta giusta anche quando nessuna di esse appare evidentemente sbagliata. Se poi si parla di politica, dove le opinioni rispetto ad una medesima cosa possono essere anche diametralmente opposte, è pura utopia senza speranza.

La scienza, per fortuna non è così. Uno può formulare ipotesi e descrivere accuratamente nuovi modelli, ma prima o poi li si deve passare al vaglio inesorabile della verifica sperimentale, solo così un'ipotesi diventa una teoria e non sono un'elegante equazione o una brillante idea.

Credo che sia una reazione piuttosto comune e decisamente umana quella di non voler ammettere di aver torto, ma l'evidenza sperimentale è caricata da una così schiacciante verità, che anche per i più orgogliosi diventa facile ammettere che si aveva torto e che bisogna rivedere le proprie idee.

E' successo qualcosa di simile nel nostro laboratorio la scorsa settimana. Avevamo in programma un esperimento molto interessante con delle nanoparticelle d'oro. Il nostro compito era bombardare con il fascio di particelle prodotto dal ciclotrone un campione d'oro purissimo dalle dimensioni di un piccolo chiodo. Prima abbiamo pensato a come fare, messo sul tavolo tante idee e scelta quella apparentemente migliore, più facile da realizzare e più sicura. Poi abbiamo fatto un irraggiamento di test per verificare che, almeno su scala ridotta, tutto stesse funzionando a dovere. E infine abbiamo fatto l'esperimento su larga scala dalla durata complessiva di una settimana.

Mancava solo un ultimo passo. Questo lunedì dovevamo rimuovere il campione della sala di irraggiamento, impacchettarlo per bene e spedirlo ai nostri collaborati in Germania per la seconda fase dell'esperimento. Purtroppo quando abbiamo aperto la camera a vuoto, con nostro sommo dispiacere ci siamo accorti che l'oro era scomparso. Non era stato rubato, ma più semplicemente era evaporato a causa del surriscaldamento dovuto al fascio di particelle e ricoperto, si potrebbe dire placcato, le superfici interne della camera a vuoto.

Esperimento fallito. Iniziamo il debriefing e ciascuno comincia a portare quelle che sembrano essere delle scuse: abbiamo tenuto conto del surriscaldamento, abbiamo valutato l'efficienza del sistema di raffreddamento, abbiamo tenuto in considerazione il punto di fusione dell'oro e il suo diagramma di fase, abbiamo considerato il coefficiente di dilatazione. Insomma non c'è spiegazione per il fallimento, ma l'evidenza sperimentale ci ha messo tutti alla sbarra. Che lo ammettiamo o no, di sicuro in qualcosa abbiamo sbagliato, per fortuna che adesso possiamo riprovare!

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